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Fenomenologia del manifestar-si

 
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Il titolo del libro rimanda alle modalità dell’apparire, cercando di individuare l’essenziaità del manifestarsi dell’oggetto in senso ontico e ontologico in così poche pagine. Ma è lo stesso autore a porsi nella prima parte del libro, il problema di come e cosa tenga insieme le due dimensioni. La risposta si intravede alla fine, nonostante nella prima parte si abbia quasi l’illusione di rincorrere quella conoscenza del logos che fa riemergere le problematiche dell’essere del periodo ellenico. Corpo e mente nel loro insieme formano una duplicità paradossale di soggetto-oggetto; il perfetto viene ipotizzato nell’assoluto e l’imperfetto constatato nell’evoluzione. L’assoluto viene definito unitarietà, da cui si ipotizza la creazione( perché altrimenti non ha riscontro nella realtà una unità o un Dio che vive in eterno solo di se stesso). Come del resto trova invece riscontro nella realtà l’imperfezione che scaturisce sempre dall’assoluto ( si tratta appunto di perfezione assoluta, in quanto la perfezione per essere tale deve concepire anche il suo contrario ) da questo contrasto di fondo prende forma la creazione, in cui si riconosce l’unità di ogni ente. Il paradosso di fondo vede il limite proiettato dall’illimitatezza assoluta, che ricorda le emanazioni dall’Uno di Plotino. Ma Agnessini ricorda i diversi approcci al paradosso, come per l’io in psichiatria o i fonemi in linguistica, e in ogni aspetto si intuisce la risonanza del paradosso in dimensione ontologica. In sostanza l’astrattismo ontologico in più punti cede il passo a conoscenze più concrete, di carattere epistemologico. Infatti la componente volontà intesa come un “d?” e volontà come un “dove”, si impone per la sua interpretazione fortemente aderente alla realtà, rassicurando così il lettore dai balzi intellettivi cui è spesso sollecitato. Qui torna la volontà che vuole se stessa: volontà di potenza che racchiude anch’essa il paradosso per eccellenza di soggetto-oggetto, tracciando alcune osservazioni di Husserl sulla nudità della percezione, della sua origine nell’apparire. Addirittura Agnessini ipotizza e tenta di spiegare brevemente, come la volontà si strutturi in aree percettive. Nel libro l’autore si affaccia con il coraggio del non professionista intellettuale, sulla sconfinata complessità della percezione, di chi ha scoperto i brividi procurati dall’intelletto nel ravvisare paradossi dell’esistenza che, secondo me gli riesce benissimo proprio in virtù dell’ermetismo del testo. Carlo Brandt.

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